Fedez, autoelettosi paladino della salute mentale, si è eliminato con il suo Squid Game
In attesa di un comunicato che smentisca quanto è uscito nelle ultime ore, ecco il post Sanremo di “Dillo alla mamma, dillo all'avvocato”
«Sono una psicologa, grazie per l’importante riflessione su Fedez. Trovo scioccante il modo in cui abbia strumentalizzato la depressione per giocarla a suo favore. Seguo un paziente a rischio suicidario, vorrei davvero che lui vedesse come sta chi è davvero depresso!»
Il punto è esattamente quello che c’è in questo messaggio che ho ricevuto su Instagram: non stiamo parlando di semplice pettegolezzo. Qui si tratta di un tema che sovrasta per serietà e importanza. Stiamo affrontando questioni che richiedono ben altra profondità rispetto a quella che abbiamo visto e stiamo continuando (purtroppo) a vedere. Il messaggio della psicologa, scelto tra innumerevoli, rappresenta solo la punta dell'iceberg in questa battaglia per la verità, ed è sorprendente come, nell'intero panorama giornalistico italiano, solamente io e Selvaggia Lucarelli siamo riusciti a decifrare il complesso 'Squid Game' personale orchestrato da Fedez: mentre tutti si affannavano a rincorrere l'apparenza, noi abbiamo avuto la lucidità di scavare oltre la superficie, svelando i meccanismi di un gioco perverso fatto di immagine pubblica costruita ad arte e manipolazione mediatica, di uno Squid Game orchestrato con precisione chirurgica, volto a disintegrare sistematicamente tutto ciò che lo circonda. E stando alle ultime dichiarazioni, emerse nelle ore recenti, nessuno è stato risparmiato: famiglia, ex moglie, (ridotta brutalmente al ruolo di 'ex madre dei suoi figli'), persone che mai avevano cercato i riflettori della notorietà… persino quella che lui stesso aveva definito 'l'amore della sua vita'. E poi colleghi, collaboratori, amici di un tempo: nessuno immune dalla sua strategia. Un gioco di demolizione, insomma, dove le pedine vengono sacrificate sull'altare della visibilità a qualunque costo, ma alla fine, il vero disintegrato in questo perverso gioco di specchi resta proprio lui: l'artefice che finisce vittima della sua stessa creazione. Ma andiamo con ordine, perché la cronologia di questa autodistruzione merita un'analisi lucida e impietosa.